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Morelli Milano: la cucina, l’appassionante carrello dei formaggi e un aromatico Giantonic dopo cena


Quando vai da Morelli, al ristorante milanese a fianco al suo Bulk, può capitare che lo chef arrivi al tavolo per i saluti iniziali, una cordialità che diventa subito racconto dell’amore per quei prodotti che sono frutto del duro lavoro di piccoli artigiani.
Prodotti della terra e della propria terra: Bergamo e la Lombardia, Livigno come un esempio di realtà legata a produzioni del passato, baite del 700 che celano segreti gastronomici che ancora sopravvivono, il salame di rape per esempio.

Poi ancora il legame con le origini parla il linguaggio dei pascoli, e del latte; elemento unico e prezioso, come un’arteria bianca che termina in centinaia di capillari caseari. Branzi, Casera, Bitto, Taleggio i nomi più vicini al suo vissuto, lo sguardo si illumina.

Il carrello dei formaggi verso la fine della cena rivelerà in maniera deflagrante questa passione: un’esposizione universale di latticini che farebbe invidia a qualunque ristorante al di qua e al di là delle Alpi. Sono più di trenta, fosse per Morelli dovrebbero essere cinquanta. Con qualche buon vino accanto, ci si potrebbe fare un’intera cena.

Lo sguardo vispo e blu, incorniciato dall’iconica montatura che stasera è di un rosso deciso, con le due forme, tonda per una lente, quadrata per l’altra. Portatore di occhiali fin da piccolo, reagisce al comune bullismo tra ragazzi nei confronti dei “quattrocchi” collezionando tantissime montature. Gli occhiali che indossa da anni sono nati per caso: durante la progettazione di un menu, realizza lo schizzo di due piatti, uno tondo e uno quadrato, accostati. Tra i due piatti, d’istinto, disegna un ponticello e…eureka! sono gli occhiali per me! Se li farà realizzare su misura e in tanti colori, ora è lui stesso che la vende quella montatura, assai richiesta tra l’altro.

Una doppia cucina, una brigata divisa in due gruppi che ruotano tra Bulk e Morelli. La cucina di quest’ultimo è grande, divisa in file per le varie postazioni, dietro una vetrata il laboratorio della pasticceria e della panetteria, i creatori del lato dolce del pasto sono un po’ filosofi e un po’ artisti, separati dal resto della brigata. Un tavolo dello chef con un’aria conviviale e al tempo stesso retrò, imponente la credenza verde posta dietro: tocchi di modernariato e un giradischi, il vinile come un piatto classico che oltrepassa le mode.

La tartare di cervo si scioglie in bocca, la patata affumicata la solleva con l’ariosità e con il sapore deciso. L’asparago caramellato, dolce e croccante, completa sapori e consistenze, sprint finale della rosa canina. Anatra tè nero, al rosa con grani di sale grosso, semplicemente buona con il suo jus che completa, una salsa comme il faut, carote in composta e una carotina baby, una sola, ma concentrata di dolce sapore, la puntatura finale è la prugna fermentata, come fosse l’acuto al termine di un’aria d’Opera.
Dessert il soufflé al cioccolato con caramello all’arancia e gelato alla nocciola; sta al cliente comporre e abbinare le diverse consistenze e temperature, un gioco da piccolo pasticcere tra cocotte, pentolino in rame con il gelato e salsiera.

La cucina a fine servizio è perfettamente tirata a lucido e con un ordine rigoroso, sembra ancora da inaugurare. Da una parte una fila di casseruole brillano in attesa del prossimo servizio. Dall’altra una fila di barattoli pieni di verdure
di ogni tipo, riposano in attesa di prossime fermentazioni.

Un ‘Giantonic’, profumato di ginepro e bergamotto, accompagna altre chiacchiere nel dopo cena.
Non esiste il prodotto perfetto e le lusinghe dei brand vanno affrontate con equilibrio, ci racconta, ognuno può avere caratteristiche positive da sfrutttare per un certo piatto, ma non necessariamente andar bene per qualunque preparazione. Sta al cuoco provare, testare e quindi scegliere, senza preclusioni, senza scelte uniche e irrevocabili. Si parla di olio e di ortaggi, coltivati da una fornitrice appassionata, prodotti che arrivano espressamente qui dal viterbese ma che raggiungono e conquistano anche i Troisgros, per dire, fan dello stesso olio, il Bertarello.

Morelli, nel piatto e oltre, si rivela un professionista serio ma non serioso, cordiale e misurato, che sa raccontarsi e sa ascoltare i racconti altrui, quest’ultima dote non comune.

Roberto
Roberto
About me

Impiegato a tempo indeterminato, ma aspirante "flâneur", almeno nei sogni; un ozio creativo nel quale dedicarsi completamente alla buona tavola, al cucinare, alle arti visive, alla lirica e alla lettura dell'opera omnia di Balzac. Restando coi piedi per terra coltivo queste attività come passioni personali, quando posso, nel tempo libero. Scrivo di cibo perché amare qualcosa e voler comunicare questo amore credo siano una cosa sola, da gourmand aspirante gourmet, sempre pronto ad imparare cose nuove.

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