Di abiti, monaci e packaging
Sono uno cuoco.
Lavoro per il Signor Gualtiero Marchesi, il primo e più famoso chef (ma la parola francese chef a lui non piace). Primo ad ottenere in Italia le ambite tre stelle Michelin, il riconoscimento più importante nel settore gastronomico; come l’Oscar e anche di più.
Per ognuno dei suoi piatti più siginificativi ha pensato, disegnato e fatto realizzare il piatto adatto, persino modificandolo nel tempo.
Nel mondo dell’alta gastronomia la scelta del piatto è molto importante.
In altri settori il packaging è stato determinante per il successo del prodotto. Sia per il contenuto tecnologico, sia per la qualità estetica.
Non vi annoio neppure nel citare cosa succede nel mondo dell’abbigliamento; l’abito fa o non fa il monaco?
Nel mio mondo, l’abbigliamento professionale ha subìto una evoluzione significativa, sia per quanto riguarda le divise di sala e bar, quelle più visibili al cliente, ma ancora di più nel settore cucina. Taglie, fogge, colori, dettagli di ogni genere.
Per quanto riguarda il cibo, il packaging deve essere certamente adeguato alle normative, per garantire la qualità e la sicurezza igienico alimentare del prodotto. E’ fuori discussione. Deve essere pratico e leggero, assolutamente resistente. Incastrabile, impilabile, ma questa sembra un’idea difficile tecnicamente da realizzare, anche se… Lego docet!
Riciclabile, perché produciamo davvero una quantità inaccettabile, insostenibile di rifiuti da imballaggio.
Ma, dal mio punto di vista, il packaging deve rispettare la natura, la forma, lo spessore, la visibilità del contenuto; quasi sino a “fondersi” con esso”.
Non fondersi nel forno, ovviamente, mentre lo portiamo a temperatura di servizio. Ma nel senso di rispettare la qualità estetica: un contenitore a zuppiera perfettamente ed ermeticamente chiuso per le minestre, o un contenitore a vaschetta rettangolare e a bordo rigido con angolo di 90 gradi, come fosse una piccola teglia, per una doppia porzione di lasagne, o un contenitore tondo per una piccola torta di mele monoporzione. Naturalmente un segno distintivo in termini di colore e logo per distinguere immediatamente la natura del cibo; azzurro per il pesce, verde per i piatti sostanzialmente o principalmente a base vegetale. Perché il packaging è anche comunicazione.
L’abito non fa il monaco, dunque, ma senza dubbio l’eleganza è un dato sensibile, è un indice di bellezza o almeno di ricerca estetica.
- April 22, 2016
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- confezione, packaging