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En primeur, raccontare il vino mentre riposa


Le degustazioni en primeur, si sa, sono le più tecniche, dove all’attenzione sull’analisi sensoriale del vino bisogna aggiungere la capacità di prevedere come esso evolverà nel tempo. Bella sfida, insomma.

Questo termine francese indica infatti le degustazioni che vengono fatte prima che il vino sia imbottigliato, durante il suo periodo di riposo, quando ancora il suo percorso non è completato.

Quella proposta dagli amici produttori della Valcalepio è stata particolarmente interessante, per almeno due buoni motivi:

il primo legato alla qualità complessiva dei vini assaggiati, che hanno saputo sfruttare al meglio quella che, dagli stessi produttori, è stata definita come un’annata eccezionale;

il secondo riferito alla tipologia di assaggio, che ha visto sul banco vini concepiti e realizzati con obiettivi di durata ed evoluzione nel tempo molto diversi fra loro.

È stato così possibile apprezzare l’estrema fragranza e bevibilità dei Rossi che saranno in commercio già alla fine del 2016, accanto alla possente struttura delle Riserve che vedremo sugli scaffali non prima di 6 anni, alcune delle quali ricavate da uve parzialmente appassite.
Ebbene, avere avuto la possibilità di fotografare questi vini tutti assieme ai blocchi di partenza, anziché aspettarli per anni alla linea di arrivo, è stata un’esperienza decisamente illuminante.

Nell’insieme, è emersa una gamma di espressioni molto ampia, in parte giustificata dalle differenze di terroir (si andava dai 200 ai 700 mt di altitudine, su una fascia di territorio larga 40 km, con una significativa varietà nella composizione dei suoli), ma prevalentemente dovuta alle differenze interpretative fra le varie cantine.
Una variabilità di stili capace di imporsi sull’effetto omologante delle uve bordolesi, declinate qui in tante forme diverse, talvolta sorprendenti.

Un’idea, quella della degustazione en primeur, che aiuta a raccontare il vino e la sua evoluzione, perché, come ha sottolineato il professor Scienza, docente, studioso e grandissimo esperto di viticoltura e genetica della vite: ‘Raccontare il vino è il più efficace strumento di marketing per venderlo’.

E si vende anche con iniziative come questa, dove un gruppo di amici coraggiosi, stimolati dall’idea di condividere il loro vino in fieri, riescono a dare un valore aggiunto al loro prodotto.

E’ sempre il professor Scienza a spiegarci nel dettaglio perché è fondamentale farlo:

‘Per la sinestesia: quel collegamento del cervello tra sensazione e ricordo. Quello che successe a Proust con le madeleine deve succedere a chi degusta un vino e attraverso il ricordo delle sensazioni che prova la prima volta ci si affezioni e lo ricordi, e abbia il desiderio di riprovare quelle emozioni.
E’ questo che dobbiamo raccontare, è così che dobbiamo cercare di comunicare il vino.
Il ricordo deve tornare al momento della degustazione e all’atmosfera vissuta, le emozioni devono riportare al profilo sensoriale.
E’ questo di solito il modo migliore di fidelizzare il cliente.’

Le aziende partecipanti, Angelo Pecis, Bonaldi Cascina del Bosco, Caminella, Castello di Grumello, Eligio Magri, La Collina, La Rocchetta, Le Corne, Le Mojole, Medolago Albani, Sant’Egidio, Tosca – sono tutte racchiuse nella zona pedecollinare che attraversa la provincia di Bergamo, tra l’Adda e l’Oglio.

di Anna Prandoni e Christian Fabrizio, autoctono.it

 

Immagini di @Corini

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About me

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. www.annaprandoni.it

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