oof 2017 – Una giornata ad Olio Officina Festival 2017
A Olio Officina Festival 2017 il tema della sesta edizione è Energia, olio in movimento. Nutrimento, condimento, persino unguento ma anche carburante per l’organismo. L’olio rivela le sue innumerevoli proprietà a tutto tondo: forum, degustazioni, premiazioni, mostre d’arte, dall’ambito gastronomico a quello produttivo, agricolo, economico e normativo, nessun aspetto viene tralasciato in questa 3 giorni a Milano, svoltasi dal 2 al 4 febbraio.
Il chiostro del Palazzo delle Stelline, ampio ma raccolto, diverse aule e laboratori, si presta bene per varie manifestazioni legate al cibo. Ultimamente, grazie agli adiacenti Orti di Leonardo, anche sede di stagioni concertistiche estive de I Pomeriggi Musicali in trasferta dal Teatro Dal Verme.
Il programma è denso di appuntamenti: si spazia con leggerezza da aree ludiche, ad assaggi per neofiti appassionati, a creazione di blend per i più esperti. Vari e numerosi i forum: dall’annoso tema olio di palma, a titoli più tecnici come il filtraggio dell’olio, o anche provocatori come “la sansa non è una vergogna”, persino un forum in difesa del burro.
Particolari le opere esposte nella serie “Olio e purezza” lungo il perimetro del chiosco. Il cibo si fa materia d’arte. La purezza fisica, spirituale, ed artistica dell’olio interpretata da diversi artisti, olio che diventa esso stesso materiale costitutivo delle opere. Più avanti il “Polittico degli ulivi”, di Pio Tarantini, lavoro fotografico dedicato agli olivi del Salento; lungo il percorso cartelli che citano “non avrai altro olio al di fuori di me”, abbinamenti sacro/profano che un po’ ironizzano e un po’ richiamano seriamente ad un alimento che ha una sua sacralità.
C’è spazio per tutti a Olio Officina Festival, tra i premiati anche due fratelli ventenni tunisini che producono olio da tre generazioni. Uno dei due ha studiato l’olio italiano, assaggiando e comprando ogni mese una bottiglia diversa; l’Italia è un punto di riferimento per loro, perché possiede tanti produttori con poca produzione ma di alta qualità. Sembra quasi stia facendo promozione al nostro olio più che al suo, ma non ci spiace.
Il momento clou della giornata è il Forum: “Olio e ristorazione” moderato da Luigi Franchi direttore di sala&cucina.
L’introduzione di Franchi dipinge un quadro aureo, dal punto di vista storico e del valore simbolico, ma tratteggia anche ombre sul presente e anticipa vari temi che emergeranno nel dibattito.
L’olio siamo noi, l’emblema stesso della Repubblica riporta il ramo d’ulivo. L’Italia ha un’enorme varietà di cultivar molti più della Spagna, che però produce più olio. Siamo maestri di biodiversità ma non padroni del mercato. L’olio è uno dei prodotti che subiscono all’estero l’italian sounding, leggi contraffazione. Intervengono diversi professionisti che ruotano attorno all’olio: a partire da Luigi Caricato, oleologo nonché ideatore di Olio Officina Festival, chef come Claudio Sadler e Luca Marchini, Giovanni Zucchi (presidente Assitol), Mauro Meloni (direttore Consorzio Extravergine di qualità), Benhur Tondini (distributore e consigliere Cateringross), Soledad Serrano (presidente QV Extra International dalla Spagna).
Per lo chef Sadler due elementi sono irrinunciabili nella sua cucina: la freschezza e l’olio extravergine di oliva.
Lo chef Marchini racconta dell’olio come ricordo d’infanzia, nato in Toscana, pane e olio durante il pasto erano per lui la cosa più naturale. Il gesto della scarpetta, ancestrale, di un periodo in cui il companatico era poco. Simbolo di un’Italia povera e contadina. Pane e olio oggi, anche in un locale Michelin, per tornare ad usare le mani a tavola, e lasciarsi andare con un liquido companatico che apre le danze.
La discussione evidenzia nodi critici legati alla conoscenza e alla diffusione dell’olio nel mondo della ristorazione.
La diversità di caratteristiche tra gli oli è ampia, imparare a riconoscere ed apprezzare questa ampiezza è indispensabile, così da avere a disposizione più oli, in casa per il consumo domestico, ma anche al ristorante, perché no? C’è chi azzarda una carta degli oli, e il paragone col mondo del vino è immediato. Su quest’ultimo sta crescendo la conoscenza, perché sull’olio no? Sicuramente vi sono sostanziali differenze: la necessità di un consumo rapido dell’olio dell’annata, rispetto al vino, e la necessità di conservarlo adeguatamente per evitare che si deteriori. Il packaging moderno, con bottiglie anche da 250 ml e 100 ml, viene in soccorso in questo senso. Luigi Caricato, antesignano, già negli anni ‘80-‘90 propose il carrello degli oli.
Bisogna dedicare tempo alla scelta dell’olio, dare al distributore il tempo di spiegare gli oli che offre al ristoratore. Per farlo occorre slegare il momento del racconto dalla vendita, trovare tempi e luoghi diversi per raccontarsi: riviste, corsi o manifestazioni come questa.
Il capitale della biodiversità naturale italiana, non è stato investito, ricorriamo ancora a cultivar spagnoli per coltivazioni intensive, non esiste una “nostra varietà” su circa cinquecento che faccia al caso? Difficile pensarlo.
Persino i produttori, viene detto, a volte non sono pienamente consapevoli della propria qualità e hanno bisogno di approfondire meglio la conoscenza frequentando corsi professionali di assaggio.
La conclusione è stimolante: occorre educare all’assaggio fin da piccoli, ad esempio nelle mense scolastiche, dove promuovere oli di qualità.
Da adulti la degustazione arriva intellettualmente, ma se non si ha un retroterra gustativo dall’infanzia non è la stessa cosa.
Prima di terminare la giornata c’è spazio per una sessione di “Saggi assaggi”, in sala Chagall ogni ora si susseguono sessioni amatoriali, per un primo approccio all’analisi sensoriale dell’olio.
A caccia dei composti fenolici, elementi dell’extravergine che lo distinguono da altri oli di oliva, e che apportano anche proprietà salutistiche.
Innanzitutto il bicchiere va tenuto in mano per portarlo alla temperatura corporea e consentirgli di rilasciare gli aromi. Una prima analisi è infatti di tipo olfattivo.
Si passa poi allo “strippaggio” dell’olio, vale a dire la degustazione con una tecnica ad hoc: capo in basso, olio in bocca e a denti stretti lingua all’indietro, far passare rumorosamente l’aria ed espirare dal naso. Attorno è tutto un risucchiare, il suono non è accattivante, ma si fa così per completare l’analisi sensoriale e imparare a riconoscere le gradazioni della componente amara e del “pizzicore”.
Sei gli assaggi, si passa da un olio laziale blend di varie qualità, a un ligure monocultivar di taggiasche a più delicati oli del Garda per arrivare a Toscani e Pugliesi più intensi.
Sul chiosco di Palazzo delle Stelline è calato il sole. Sul denso concentrato di mediterraneità per antonomasia abbiamo imparato qualcosa in più, ma sopratutto abbiamo scoperto che vogliamo e dobbiamo saperne ancora, per conoscerlo meglio, per conoscere meglio noi stessi e le nostre radici, appuntamento a Olio Officina Festival 2018 quindi.
- February 10, 2017
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