Anna By

PODCAST! SETTIMA PUNTATA IL MUGNAIO: PICCOLA AUDIORIVISTA DELL’ARTE BIANCA


La sesta puntata del nostro Podcast sull’arte bianca è dedicata alla FARINA!

ASCOLTA SUBITO LA PUNTATA QUI! 

(La foto in apertura è di Stefania Giorgi)

Per fare un tavolo ci vuole il legno.

E per fare il pane ci vuole la farina, anzi… il grano.

Perché è dalla terra che nasce l’alimento che più di ogni altro caratterizza la nostra cucina: base fondante della gastronomia del nostro Paese, che si può identificare con 4 P. Pane, pasta, pizza, pasticceria. E tutte, indistintamente, partono dal grano che diventa farina e poi è l’ingrediente più versatile e determinante per tutte queste deliziose preparazioni.

Ci avete mai pensato? In tutte queste ricette la percentuale di farina è decisamente superiore a quella degli altri ingredienti, e determina con il suo gusto e con le sue caratteristiche il risultato finale del nostro piatto.

E allora, perché non conoscerla meglio? Perché non imparare a capire qual è la migliore, e quali proprietà deve avere per essere davvero buona?

farina

/ fa·rì·na/

“La poesia è da sempre un atto di pace.

Il poeta nasce dalla pace come il pane nasce dalla farina.”

Pablo Neruda

Iniziamo sottolineando la differenza fondamentale, quando parliamo di grano: il grano tenero e il grano duro sono due specie vegetali di grano differenti, e danno origine a due farine completamente diverse, adatte a preparare diversi tipi di alimenti.

Più diffuso al sud, il grano duro viene utilizzato principalmente per produrre pane e pasta fresca.

Il Triticum vulgare o aestivum è invece il grano tenero, tipico soprattutto dell’Italia settentrionale, una delle specie vegetali più coltivate al mondo. Appartiene alla famiglia delle Graminacee e fa parte del gruppo dei cereali, piante erbacee che producono frutti adatti ad essere macinati per diventare farine.

Ma per diventare farina, il grano deve essere sottoposto a una serie di procedure, ed è qui che interviene il lavoro del mugnaio.

L’Italia vanta un’antica tradizione di eccellenza nel settore molitorio, ovvero della macinazione del frumento tenero per la produzione di farine.

Il merito è soprattutto dei mugnai italiani che hanno sempre saputo selezionare i migliori frumenti teneri – siano essi di origine nazionale o estera – per rispondere alle esigenze di qualità dei prodotti a base di farina espresse dai consumatori, garantendo con la propria affidabilità e responsabilità la qualità e la sicurezza igienico – sanitaria del prodotto.

Il processo di macinazione del frumento è lo stesso da più di un secolo: esso è basato soltanto su interventi di natura fisica che iniziano con la pulitura del grano per proseguire con le successive operazioni fisiche che consentono di ottenere sfarinati di sicura garanzia igienico – sanitaria e con caratteristiche tecnologiche differenti secondo le richieste del mercato.

Per questo non si può dire che la farina sia ‘raffinata’: perché nel procedimento produttivo non è previsto alcun intervento chimico, ma solo operazioni fisiche di selezione, bagno e macinazione.

LA STORIA 

Coltivato e utilizzato dall’uomo fin dai tempi più antichi, il grano o frumento ha accompagnato l’evolversi della nostra civiltà.

Il termine “farina” deriva dal latino “far”, cioè farro, un cereale affine al frumento molto diffuso nell’Italia dell’epoca preromana e romana.

Fin dalle origini l’acqua e i cereali sono stati gli ingredienti di base dell’alimentazione umana. I cereali allo stato naturale e il sistema digerente umano sono però incompatibili. L’uomo deve avere sviluppato perciò fin dal Neolitico un metodo per cuocere i cereali. Dall’ebollizione in buche, scomodo e macchinoso, fu scoperto un metodo cucinare i cereali che eliminava interamente il problema dei recipienti: le superfici su cui si trebbiava venivano riscaldate tanto da arrostire i granelli nello stesso tempo in cui si rompeva la loppa.

I chicchi arrostiti sulla superficie di trebbiatura venivano privati della loppa nel modo abituale e pestati in un mortaio. Il tritello ottenuto con un po’ d’acqua al si impastava fino a trasformarlo in una sorta di polenta consistente. Questo cibo doveva essere simile alla greca maza (focaccia, impasto, pane) e alla romana puls (farinata, polenta di farina di farro).

È intorno al I sec. a. C. fu inventato il molino ad acqua nel  bacino orientale del Mediterraneo, e questo ha dato modo di raffinare molto le operazioni e di renderle sempre più efficienti. L’espansione del molino ad acqua avviene nel corso del Medioevo, mentre il molino a vento – già impiegato in Persia nel VII sec. d. C. – viene introdotto in Europa solo nel XII sec.

In realtà l’attuale sistema di macinazione non è altro che la meccanizzazione dell’operazione eseguita nei tempi antichi a livello domestico. Infatti, le prime rappresentazioni giunte a noi mostrano come i chicchi di grano venivano schiacciati con l’andirivieni di un rullo su una pietra piatta all’interno di una specie di mortaio. Si trattava di un lavoro faticoso che veniva fatto con la forza  delle braccia dell’uomo, più spesso delle donne o degli animali. Solo successivamente questo lavoro è stato sostituito dalla forza motrice dell’acqua; non a caso i molini erano sempre situati, fino alla scoperta dell’energia elettrica, accanto ai corsi d’acqua.

LA PRODUZIONE OGGI

La macinazione del frumento è un’operazione di natura esclusivamente meccanica.

Solo dopo un‘accurata selezione dei grani nazionali ed esteri, seguita da severi controlli sulle caratteristiche di qualità e di sicurezza igienico – sanitaria, si passa alla miscelazione dei frumenti e infine alla fase di macinazione vera e propria per ottenere farine di qualità tecnologica diversa ed idonea alle diverse destinazioni d’uso.

Tre sono le fasi produttive fondamentali: la pulitura, il condizionamento e la macinazione vera e propria.

La pulitura serve ad allontanare le sostanze estranee di natura minerale e vegetale (chicchi di altri cereali, paglia ecc).

Il condizionamento consiste nel bagnare il frumento in modo che l’acqua faciliti la rottura del chicco e il distacco delle parti esterne da quelle amidacee interne.

La macinazione avviene facendo passare il frumento prima attraverso una serie di macine (laminatoi a cilindri dentati) che provocano la rottura del chicco. A questo punto vi è la setacciatura delle particelle di differenti dimensioni che vengono infine avviate in altre macine (laminatoi cilindrici lisci) dove le particelle grossolane provenienti dalle rotture vengono trasformate in sfarinati dalle differenti dimensioni (rimacina).

I NUMERI

Il frumento tenero è, dopo il mais, il cereale più diffuso al mondo ed è presente in tutti i continenti.

Negli ultimi anni la produzione mondiale di frumento tenero, destinata all’alimentazione umana, all’alimentazione animale o all’utilizzo industriale si è collocata tra 650 e 750 Mt (Milioni di tonnellate), pari al 35% circa della produzione cerealicola mondiale.

La Cina, con circa 130 Mt (dati raccolto 2017) è il principale produttore al mondo, seguita dall’India (95 Mt), dalla Russia (82 Mt), dagli Stati Uniti (47 Mt) e dalla Francia (38 Mt).

I principali esportatori sono invece la Russia (32 Mt), gli Stati Uniti (26 Mt), il Canada (18 Mt), l’Australia (17 Mt) e l’Ucraina (16 Mt).

L’Unione Europea, da parte sua, esporta complessivamente 26 Mt. circa di grano tenero.

La produzione di frumento tenero è destinata essenzialmente, per il 70% circa, all’alimentazione umana e per il 20% circa a quella animale.

In Italia la produzione di frumento tenero si attesta ormai stabilmente su livelli compresi tra 3,0 e 3,5 Mt, un quantitativo – anche tenuto conto che tutta la produzione nazionale non è o non può essere destinata totalmente alla sola Industria molitoria – largamente insufficiente a coprire le esigenze quantitative dei Molini italiani che si situano, da parte loro, intorno a 5,5 Mt.

LE TIPOLOGIE 

Le farine si dividono a seconda del colore, dalle più chiare alle più scure: la legge riconosce le ceneri, ossia le parti minerali all’interno della farina: più è scura, più sale il contenuto di ceneri e più il colore è tendente al marroncino.

La normativa italiana distingue le tipologie di farine in relazione al contenuto in ceneri (sostanze minerali) e al contenuto in proteine, calcolati su cento parti di sostanza secca:

la farina di grano tenero tipo 00 è la più chiara, con un contenuto massimo in ceneri fino a 0,55 e un contenuto minimo in proteine pari a 9;

la farina di grano tenero tipo 0

deve avere un contenuto massimo in ceneri fino 0, 65 e un contenuto minimo in proteine pari a 11,00;

la farina di grano tenero tipo 1

deve avere un contenuto massimo in ceneri fino 0, 80 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00;

la farina di grano tenero tipo 2

deve avere un contenuto massimo in ceneri fino 0,95 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00;

la farina integrale di grano tenero

è la più scura e deve avere un contenuto massimo in ceneri compreso tra 1,30 e 1,70 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00

Le farine si distinguono anche per la loro forza. La forza della farina (indicata con la lettera W) è la sua capacità di assorbire i liquidi durante l’impasto e trattenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. Il valore della forza si definisce in laboratorio tramite uno strumento chiamato “alveografo di Chopin”, ed è definito come la resistenza alla pressione della farina impastata. Con lo stesso strumento si determinano altri due indici importanti: P, che misura la tenacità, cioè la resistenza della farina impastata allo stiramento; e L che misura l’estensibilità dell’impasto prima della rottura. Molto spesso però sono tre valori indicati quasi esclusivamente sui sacchi destinati ai professionisti del settore.

Il glutine

Protagonista di molte etichette, e spesso citato come intolleranza o allergia, il glutine è fondamentale per definire le farine. Il valore di ‘forza’ della farina dipende infatti dal contenuto di proteine che questa ha: in particolar modo da quello delle gliadina e glutenina che, insieme, compongono il glutine. Spieghiamo meglio: nella fase dell’impasto, il glutine forma una sorta di reticolo (maglia glutinica), il cui compito è mantenere all’interno della massa gli amidi e i gas: da qui le bolle di lievitazione e la struttura spugnosa di un pane ben lievitato. Una maglia glutinica tenace, tipica di una farina classificata come forte (con un indice W tra i 250 e i 350), assicura agli impasti una maggiore resistenza alla lavorazione e alla lievitazione. La farina manitoba è una campionessa del culturismo cerealicolo perché ricca di proteine e glutine, con W che arriva a sfiorare 480. Al contrario, una struttura glutinica meno serrata, tipica di una farina debole (con un indice W tra i 90 a i180), permette all’amido di liberarsi più facilmente. Dal glutine dipende dunque la struttura di pani e pizze.

Il mestiere del mugnaio

Non esiste una farina che vada bene per tutti i prodotti di panificazione, pasticceria, pasta fresca e pizzeria. Per ogni prodotto serve una differente farina: la qualità tecnologica di una farina coincide con la sua attitudine ad essere impiegata nella produzione di diversi tipi di alimenti.

I componenti della farina infatti – come le proteine, l’amido e gli enzimi – condizionano la sua qualità tecnologica; di conseguenza, sarà necessario utilizzare farina con le adatte proprietà reologiche e funzionali in relazione sia al prodotto che si vuole ottenere, sia alla differente tecnica di lavorazione.

Per produrre farina ci vogliono competenze importantissime, tant’è che oggi nessuno s’inventa mugnaio, nel senso che non nascono mulini come diversificazioni aziendali: l’expertise non è solo tecnologica, ma riguarda pure la scelta di grani e di miscele che vengono trasmesse da mugnaio a mugnaio.

Si tratta di una delle industrie più naturali e sane, sostenibili al 100%: in un mulino viene semplicemente preso un chicco di grano, rotto con la macinazione e nella sua interezza totalmente recuperato. Dal cuore del chicco si ottiene la farina; gli scarti sono recuperati o per l’alimentazione animale o per altri prodotti: ciò avviene tramite strumenti meccanici o di setacciatura, mai tramite strumenti chimici. Ecco perché dobbiamo parlare di farine setacciate e non raffinate: la setacciatura è realizzata con setacci industriali o plansister, che ripetono lo stesso movimento che le nonne facevano una volta quando setacciavano la farina. Si porta quindi su scala industriale e si meccanizza il movimento umano, ma il risultato è il medesimo: setacciando maggiormente si va al cuore del chicco di grano, ottenendo la farina più chiara che la legge ci permette di ottenere (la 00).

MOLINO PASINI 

Per fare le farine servono i mugnai, che sono i depositari delle competenze necessarie a trasformare il grano in farina. Abbiamo chiesto ai componenti di una storica famiglia mantovana, che da 80 anni pratica questa professione, di raccontarci la loro esperienza nel settore. La famiglia Pasini è composta da quattro generazioni, da sempre al servizio della farina: l’azienda ha nei suoi quattro soci i quattro pilastri che sostengono, ognuno con le sue caratteristiche, un molino di tradizione, rivolto decisamente verso il domani.

Gianluca Pasini

Design, arte, fotografia d’autore. Che cosa c’entrano con la farina e l’attività d’impresa? Apparentemente nulla, in realtà moltissimo, se parliamo di Gianluca Pasini. Poco più di quarant’anni, l’imprenditore è amministratore dell’impresa di famiglia, che vanta 80 anni di successi e tre generazioni succedutesi al timone di quella che è una delle aziende molitorie più all’avanguardia del nostro Paese. Produrre farine e guidare un’azienda, per Gianluca, sono vere e proprie espressioni artistiche, che si tramutano in materie prime apprezzatissime dai professionisti del settore. E se sulla produzione non si fanno sconti alla qualità, l’arte e la ricerca di una strada diversa e inconsueta si affacciano anche al settore comunicazione: è sempre Gianluca a premere sull’acceleratore e a volere un cambio radicale del linguaggio di marca, con un restyling grafico e concettuale che sicuramente è un unicum nel panorama attuale delle aziende come la sua. E sul claim di famiglia, ‘L’arte della farina’, costruisce una nuova identità contemporanea.

Elio Pasini

Elio è un signore sincero e riservato, coi capelli bianchi e lo spirito cordiale dei gentiluomini delle generazioni passate. Fa un lavoro che nessun giovane all’uscita da scuola indicherebbe come sua preferenza, non perché sia brutto ma perché quasi nessuno sa che è ancora una professione e nessun istituto lo insegna. Elio è un mugnaio. Ogni mattina decide che tipo di grani acquistare, come miscelarli, quanto bagnarli e come macinarli per ottenere la farina perfetta.

La sua ricerca è costante, la sua attenzione al dettaglio maniacale. ‘Non è un lavoro che puoi fare per caso: devi sceglierlo. Ed è delicato: la farina ha bisogno di fedeltà assoluta. Se per un giorno non sei qui a controllare come prepararla, lei se ne accorge e non viene come dovrebbe. Umidità e temperatura sono variabili fondamentali di cui tener conto: e ogni giorno cambiano. Come il grano, che va capito e conosciuto. Nessuna scuola te lo può insegnare, solo la pratica sul campo e l’esperienza. Un bravo mugnaio è quello che sbaglia meno.’

Elena Felis

La ‘quota rosa’ all’interno dell’azienda è rappresentata da questa ragazza dinamica e preparata, che riesce a mantenere in un ambiente a netta prevalenza maschile un carattere determinato.

Un corso di laurea in Management in Bocconi. Tante occasioni di studio e di lavoro all’estero e esperienze milanesi in società di consulenza. Un carattere volitivo e una propensione al ‘fare’, coltivata fin da piccola,

quando si divideva con grande spirito d’organizzazione tra impegni di scuola, famigliari e sportivi. Incuriosita e affascinata dall’attività imprenditoriale del nonno, che non ha mai conosciuto, ha sempre vissuto il suo percorso professionale non finalizzando le scelte all’attività di famiglia, ma evidentemente il DNA l’ha portata qui.

E se Shubert nel comporre una delle sue opere più celebri si è ispirato proprio ad una Mugnaia, troviamo nelle parole di Elena la sua assoluta vocazione al lavoro al Molino, con un punto di vista assolutamente femminile.

Fabio Viani

Farsi affascinare dai numeri è virtù di pochi. Avere una visione strategica e di lungo periodo, anche. Ma sono caratteristiche che un imprenditore deve avere, e che hanno un esito tangibile sulla vita dell’azienda. Analiticità e controllo sono due caratteristiche di Fabio Viani, al servizio del Molino nell’ufficio qualità e a capo dello sviluppo industriale del gruppo Pasini da 22 anni. Calmo, riflessivo, equilibrato, è davvero la parte solida e concreta di Molino Pasini. E ha spinto per avere un Molino sempre più all’avanguardia, in grado di competere con i maggiori player internazionali. Perché l’improvvisazione non esiste, la programmazione è tutto.

 

Anna
Anna
About me

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. www.annaprandoni.it

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