Mi stupisco – gastronomicamente parlando – sempre meno spesso. Vent’anni di pranzi e cene, degustazioni e presentazioni, hanno lasciato il segno sul mio palato e nella mia memoria. E ogni volta che assaggio un piatto è inevitabile pensare ‘assomiglia a..’ o ‘sembra proprio la stessa idea di…’.
Ma ci sono occasioni in cui invece la mente e le papille sono solleticate in maniera differente, e colgono sfumature e sorprese in modo inconsueto.
È quello che mi è successo da
Unico a Milano, dove Fabrizio Ferrari e Beppe Allegretta orchestrano menu piacevolissimi, in cui svettano alcuni piatti all’altezza della splendida location che guarda la città dall’alto.
Fabrizio Ferrari, chef di Unico
E se all’arrivo vi sentirete inevitabilmente quasi ‘fuori Milano’, dopo la salita al ventesimo piano con l’ascensore panoramico capirete che non siete mai stati così immersi nella metropoli, che dominerete dall’alto.
Tra l’altro, il pasticcere Allegretta mi ha permesso una riflessione, che ho poi riportato su un’altra tavola, in un altro ristorante, con un altro chef.
E i due punti di vista sono entrambi intriganti e meritano qualche pensiero in più.
Beppe non vede di buon occhio chi condivide foto dei piatti sui social network: ‘In questo genere di ristoranti il cliente viene anche per stupirsi, per essere colpito da qualcosa che non aveva mai visto o non aveva mai pensato si potesse mangiare in quella forma o con quell’abbinamento. Oggi invece io non riesco più a stupirvi, perchè, quando venite qui, avete già visto tutto.‘
Illuminazione: è verissimo.
Prima di andare in un locale, quasi tutti noi navighiamo sui social network e ci facciamo un’idea. Controlliamo il menu, guardiamo i piatti, capiamo chi dei nostri amici c’è già stato. Leggiamo recensioni, scopriamo persino che sapore avranno i piatti che andremo a degustare. Togliendo quella coltre di mistero che necessariamente dovrebbe esserci, per gustare a pieno un’esperienza gastronomica che non è più semplicemente ‘cibo’ ma è emozione, suggestione, creatività, accostamenti arditi, tecnica.
Beppe Allegretta nella foto di Carlo Fico
‘E allora sai che faccio? Io cambio i piatti!‘: Beppe, da grande artigiano creativo, non si lascia scoraggiare dal nostro postare compulsivo, e lo trasforma in stimolo per proseguire nella sua ricerca.
La sera dopo, altro tavolo, altro ristorante, altro chef,
Marco Sacco. Stavolta con la fortuna di averlo seduto accanto, perchè è in veste di mentore di due suoi allievi, in occasione di una cena a sei mani realizzata a
i Fontanili di Gallarate, da Paolo Griffa,
Stephan Vaccaro e Andrea Vitali. Cena di celebrazione, con il giovane e talentuoso Griffa: d
a aprile 2016 fa parte della brigata di Serge Vieira in Francia dove si prepara al Bocuse d’Or 2019, torna di rado in Italia e in questa serata è stato ‘a casa di amici’ a
raccontare nei piatti la sua esperienza internazionale. Il menu era accompagnato dai
vini del distretto dell’Oltrepò Pavese, tra ravioli orange e castrato piemontese con erbe amare, passando per ratatouille geometrica e concludendo con una ‘bomba’ dessert. Che molti dei commensali hanno prima instagrammato e poi degustato.
Ratatouille 2 @davidedutto
Che cosa ne penserà Sacco dei nostri post?
‘A me fanno piacere! Sono contento se le persone fotografano e condividono: mi danno visibilità e permettono agli altri che non sono mai stati da me di rompere quel muro, invisibile ma molto presente, di timore reverenziale che il ristorante due stelle procura a chi non ci è mai stato‘.
E come la mettiamo con lo stupore? ‘Li stupisco con il sapore, quello non si vede su instagram‘.
Riflessione condivisibile, ma mi rimane il dubbio: questa continua sovraesposizione mediatica sarà un bene o un male per chef e ristoranti? Darà a chi non ce l’ha la voglia di entrare o trasformerà ogni esperienza in una mera ‘prova’ (da condividere, of course) di quello che abbiamo incontrato online?