Roberto By

Vedi Napoli e poi….una bella pizza !


Tavola spigolosa si trasferisce a Tempo di libri, Fiera dell’editoria italiana a Milano. Lo fa con il suo format consolidato: temi stimolanti attorno al mondo del cibo e della sua comunicazione, invitati del settore, lo spigolo introduttivo di Andrea Castellanza e la conduzione di Anna Prandoni. L’ambientazione è quella di una cucina design Lago, Daniele Lago, tra l’altro, è anche autore del libro che ha ispirato il tema delle cinque Tavole Spigolose organizzate a Tempo di libri: cinque città, una al giorno. Oggi è il turno di Napoli, parlare di Napoli e non parlare di pizza quasi impossibile, ma anche il contrario, tanto questo prodotto mondiale è radicato sul territorio partenopeo.

gruppo Lo Spigolo iniziale di Andrea ripercorre proprio gli splendori passati della città: sette e ottocento la vedono popolosa e centro culturale europeo indiscusso. Tanti i riferimenti ai reali Borbonici, con link gastronomici anche popolari, perché forte era il legame tra popolo e re. Ferdinando IV ad esempio, sotto la cui reggenza si inventò la forchetta o Francesco II detto “il lasagna”. La grande storia si sposa sempre alla storia della gastronomia e anche la pizza da popolare raggiunge gli scranni reali con la Regina Margherita.

Gli ospiti sono tre, napoletani doc, d’adozione o emigrati al nord. Ce n’è abbastanza per un’animata tavola. Se si parla di pizza Enzo Coccia, ospite principale, ne è il Maestro, ma “iniziamo male”. Coccia vuole essere definito artigiano e pizzajuolo, non Maestro; modestia dei grandi, quelli veri, lo conferma Maestro.

Tra i “padri costituenti” del disciplinare a tutela del prodotto italiano e napoletano per eccellenza: la pizza. Se fare la pizza non è un’arte, saperla fare a regola d’arte è qualcosa che si può imparare con insegnanti come lui. Coccia ricorda subito come storicamente Napoli e pizza siano andati a braccetto. Già nel 1807 Napoli contava 56 pizzerie con circa 400mila abitanti. Da cibo di strada per i Lazzari assume sempre più importanza in città, anche economicamente. Non potendo portare o fare le pizze, il pizzajuolo porta due libri, visto dove ci troviamo, che parlano di Napoli, come quello di Alexandre Dumas o scritti da napoletani come quello di uno scrittore napoletano che racconta proprio la storia di un pizzaiolo. Coccia ha scelto di rimanere a Napoli con i suoi tre locali, che come figli segue da vicino e di spostarsi al nord non ci pensa, un motivo in più per andare a Napoli diremmo.dumas
Corrado Scaglione, invece, ha portato al nord la pizza napoletana. Nel 2000 inizia il suo progetto di studio sulla pizza, per realizzarla nel modo più verace possibile. Ricorda come ci sia molto da fare su un prodotto apparentemente così semplice. Nel suo locale di Triuggio si è inventato momenti didattici per i clienti, le Pizze Experience, invitando le persone a mettere letteralmente le mani in pasta.
La pizza napoletana doc in Brianza non male come commistione. Coccia stesso ricorda come la pizza, nata a Napoli, per essere buona richiede cura e conoscenza del prodotto che possono essere esportate fuori Napoli: in meno di un minuto ripercorre la storia del pomodoro, da pianta ornamentale ai progressi industriali della sterilizzazione che hanno consentito di farne conserve.
Terzo ospite è un napoletano trasferito a Milano, Mauro Fermariello. Si è quasi inventato un lavoro per avere il pretesto di fare la spola Milano-Napoli. Fotografo trasferitosi volontariamente per lavoro nella città degli editori e della moda, ad un certo punto, sebbene ambientatosi, torna a sognare Napoli. E allora un blog su Napoli diventa un buon pretesto per non perdere il contatto fisico, visivo, con la propria città.

I tre ospiti dimostrano capacità di intrattenimento e battute pronte, Anna Prandoni stimola ulteriormente la dscaglioneiscussione e lancia sul tappeto un paio di domande che risvegliano ricordi e fantasie, sempre legate al capoluogo campano. Il luogo del cuore e il luogo che si vorrebbe avere negli occhi di Napoli poco prima di morire sono i due temi ( il riferimento a ” Vedi Napoli e poi muori” non è causale). Luoghi del cuore sono Spaccanapoli vista dal Vomero per Anna, Via Caracciolo per Scaglione, Andrea sceglie invece la Cappella del Principe di San Severo.
Fermariello ripensa al Parco Virgiliano per letture in solitaria e la vista del mare, o più prosaicamente, secondo Coccia, anche luogo per portare le ragazze a fare una passeggiata. Coccia sceglie il mercato popolare dietro Piazza Garibaldi dove è vissuto, con il suono dei venditori ambulanti come luogo della memoria.
Vedi Napoli e poi muori lo scrisse Dumas ma non si può essere italiani e non aver visto Napoli. Fermariello sceglie casa sua col mare di fronte, i riflessi e Capri, come ipotetico ultimo scatto dell’esistenza da conservare. Scaglione pensa ad un’ipotetica ultima cena con gli amici nei quartieri spagnoli. Per ultimo Coccia indica una situazione di godimento totale della vita a Napoli, come ultima possibilità.

Damman Frères conclude il pomeriggio con una degustazione e rende omaggio a Napoli con un tè dammanverde limone e zenzero.
Sul finale una promessa: non parleremo più di pizza con Coccia se non davanti ad una sua bella pizza.

Roberto
Roberto
About me

Impiegato a tempo indeterminato, ma aspirante "flâneur", almeno nei sogni; un ozio creativo nel quale dedicarsi completamente alla buona tavola, al cucinare, alle arti visive, alla lirica e alla lettura dell'opera omnia di Balzac. Restando coi piedi per terra coltivo queste attività come passioni personali, quando posso, nel tempo libero. Scrivo di cibo perché amare qualcosa e voler comunicare questo amore credo siano una cosa sola, da gourmand aspirante gourmet, sempre pronto ad imparare cose nuove.

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