Andrea Castellanza By

VIP, FAN E CREMA PASTICCERA


La riflessione è di quelle ormai comuni a chi, per professione o per diletto, si occupi di fatti di enogastronomia; se poi, come per il sottoscritto, il campo d’azione è anche quello video-televisivo e comunicativo, il cortocircuito è servito.

Ma veniamo alla questione: durante una tre giorni appassionante a “Sweety of Milano 2017”, divertente kermesse della pasticceria ideata da Italian Gourmet, l’attenzione del povero osservatore è rimasta sconvolta dalla incredibile follia collettiva, condita da fanatismo da ultras di boy band, che il pubblico ha mostrato nei confronti dei grandi maestri pasticceri italiani, uber alles il cereo e ligneo Iginio Massari, profeta nostrano della Sac à Poche e del Pan di Spagna, verso cui il fedelissimo pubblico di fan ha mostrato una vera e propria idolatria, condita con tre (dicesi T-R-E) ore di coda in piedi, senza fiatare, per poter accedere al verbo di una sua masterclass. Non è mancata una inesauribile ed inesaurita caccia all’uomo verso i più celebri pasticceri, condita di selfie innumerevoli, attestati di stima religiosa e inseguimenti con blocco fisico che impedivano anche la più necessaria sosta fisiologica. Ora la domanda sorge spontanea e nemmeno troppo originale, per la verità: cosa porta tanta popolarità a personaggi di cui raramente si assaggiano le creazioni (invero ottime), che non sono esperti “nativi” o prodotti di comunicazione e che spesso godono di una incredibile fama, che a stento hanno cercato, dopo gloriosi e meritori anni passati negli oscuri laboratori dietro l’ottima bottega?

La risposta è fin troppo semplice: la televisione, che qualcuno vorrebbe relegare ormai in secondo piano davanti all’arrembante grancassa social-digitale. Il pensiero corre a fenomeni di self-marketing alla Giovanni Rana, ma nemmeno qui siamo sul giusto crinale, dato che molti dei pasticceri e degli chef per cui sembra prevista una deriva messianica, giungono alla pubblicitá solo dopo che la loro popolaritá li precede. Siamo, lo ammetto, nella bassa sociologia da umarell se azzardiamo una considerazione sul transfert in cui, in una società povera di cultura e di riferimenti Politici e Storici (maiuscole!) come la nostra, si creano modelli mutuandoli dai personaggi dell’ artigianato, ritirandosi nella consapevolezza popolare di ciò che tutti possono capire e replicare, almeno in teoria (è tutto da provare che sia facile realizzare un croquembouche nella propria cucina casalinga).

L’uomo semplice, che si è fatto da sé, bravo a fare ed in fondo onesto come il suo oscuro lavoro di anni, attira le masse, molto più del difficile e sottile scienziato, del politico o del letterato. La poesia muore o meglio risorge nella crema pasticcera, che non tradisce e che solletica i nostri sensi meno elaborati. L’ aspetto più positivo in tutto ciò è, se non altro, che la televisione contribuisce a rendere popolari, e forse anche ricchi, persone che hanno faticato, che hanno dedicato la vita al lavoro, spesso con orari e ritmi da apprezzare.

Le infinite code per abbeverarsi degli aforismi tronchi e zuccherini di Massari non sarebbero state tali davanti a una conferenza di Carlo Rubbia o di Riccardo Muti e men che meno davanti ai molti desolanti convegni politici in cui si dovrebbe discettare del bene comune. Sic transit gloria mundi, quindi? Non ancora, poiché bisogna conservare la consapevolezza (e la speranza) che sia solo la forza mediatica della televisione ad ingigantire le figure di cuochi e pasticceri, rendendole star e leader del pensiero. Ma attenzione, non è mai la loro bravura artigiana (ripeto, provata da pochi) a fare breccia, ma un insieme di caratteristiche che chi si occupa di casting definisce “capacità di bucare il video”: la postura, il tono della voce, lo sguardo, il carisma spesso aiutato dal montaggio e dalla musica di sottofondo, è questo che fa di un suddito un re e di un telespettatore un suddito.

Ma quando veramente la società social-digitale soppianterà quella televisiva? Molti sostengono che il sorpasso sia già avvenuto, che i modelli siano modificati e il divismo, anche culinario, abbia cambiato pelle, ma osservare fenomeni popolari come quelli di Sweety fanno propendere per una abdicazione che non sembra ancora avvenuta. Inutile vaticinare se il villaggio social sia meglio di quello catodico e se si vada verso sviluppo o arretramento: il mondo della popolarità e nella fattispecie della fama enogastronomica sta coltivando in nuce i suoi prossimi profeti e nonostante un mondo di blogger e influencer (che comunque prima o poi passano ancora all’incasso televisivo), per ora il capello argenteo, la voce cavernosa e la saccenza suggestionante  di Massari, battono, con il remoto ticchettio plastico e sordo dei tasti del telecomando, lo sfioro fulmineo dei vetri dello smartphone,  facendo in modo che i numeri spaventosi dei like social dei nostri re della forchetta contemporanei, siano per ora ancora solo una eco delle loro memorabili comparsate televisive.

Andrea Castellanza
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